Posto nell’alta valle del Basento alle spalle delle cosiddette Dolomiti Lucane, Pietrapertosa confina con i paesi di Campomaggiore, Accettura, Cirigliano, Gorgoglione, Laurenzana e Castelmezzano.
Tra i tanti modi di essere e diventare città-paesaggio quello di Pietrapertosa è indubbiamente uno dei più originali perché, al contrario del solito la città non si mette subito in mostra.
Come molti altri siti scelti dagli Arabi per insediarvisi, Abriola, Castelmezzano, Tricarico, Tursi, anche questo di Pietrapertosa si presenta al paesaggio con un doppio atteggiamento, uno dissimulato e rivolto all’esterno dal fronte della difesa e, l’altro, più sicuro e aperto verso l’interno ma pur sempre difendibile nel labirinto della rabatana. Qui i vicoli, serrabili all’ingresso, finivano in un fondo cieco, talvolta a ridosso della rupe, dove a fatica si fanno strada rivoli di terra di riporto per orti minuti, sapientemente interconnessi con canaletti di inbibizione scoscesi e in parte scavati.
Il tema della rocca, della rupe e del castello che vi si confonde, campeggia spesso come tema dominante di molti borghi e paesi, ma qui c’è di più. Vi è un’imponenza del tema che si estende a tutto l’insediamento e che si va articolando alle varie scale dal grande al domestico, in cui non è raro scoprire connubi diretti con la rupe delle singole case o degli slarghi nell’intramezzo rupaceo. In fondo a questi, negli angoli, appena possibile può apparire un fico contorto con cui convive allacciato l’asino, il mezzo più adatto per muoversi nei corridoi stretti e impervi tra le case.
C’è poi un vero e proprio fenomeno di inversione della monumentalità che non è riconoscibile in un determinato edificio emergente tra le case come potrebbe essere un castello o una cattedrale. Qui, a campeggiare sul tessuto, è una serie di macigni delle dolomiti lucane che la fantasia popolare ha connotato con appellativi di riconoscimento. Nascondendosi tra queste monumentali architetture naturali, nel centro imprendibile della regione, gli arabi si sono potuti arroccare, più a lungo che altrove, a guardare senza essere visti.